Rivista online per la scuola per promuovere l’innovazione nella didattica- ISSN: 2239-6187
 

Eroi, cattivissimi, telefoni

Giorgio Guglielmi, giorgioguglielmi@tiscali.it

  “Da lontano il vocio si distingueva netto e discreto. La porta, chiusa a metà, invitava a scoprire quella presenza, fatta di giovani occhi, in attesa di conoscere ancora un po’ del mondo che li circondava. Spalancato il battente, sulla cattedra, risalta sfolgorante una scatola di latta: grande, brillante, nella sua geometria solida di manufatto metallico. Al suo interno, reclusi, gli strumenti della distrazione di massa; imprigionati in quel monolite di latta, a severo monito contro la barbarie telematica e digitale”. Non si tratta di una brano inedito del libro “Cuore”, né il risultato di una prolungata degustazione di vini. E’ l’inizio ironico di una seria riflessione sulla didattica del latino e uso dello smartphone, ma l’esperimento descritto in queste pagine è partito da questa scena realmente accaduta.

  Da alcuni anni i docenti di discipline classiche si sono posti il problema di applicare le innovazioni digitali come strumento didattico. In realtà, gli stessi docenti hanno sempre cercato una risposta “combattente”; infatti, il mondo accademico ha fornito molteplici materiali in più direzioni, ma sono strategie “da generali”; servono, invece, soluzioni immediate per la vita di trincea poiché, come diceva lo stravagante personaggio di un noto film: “La Scuola è una guerra!” [1]. E’ una guerra, perché la normalità della vita scolastica è fatta di insorgenze repentine, istanze dalla risposta immediata; le altissime teorie accademiche devono essere distillate, anzi declinate (parliamo di didattica del latino!) nella realtà contingente, fatta di ragazzi studiosi e determinati, altri non motivati, altri dispersi in una dimensione parallela. Forse la nuova sfida per il docente di latino è quella di individuare non solo gli elementi di frattura, ma soprattutto quelli di continuità tra cultura classica e realtà digitalizzata [2]; le grandi innovazioni infatti, come indica A. Calvani [3], implicano un cambiamento di setting educativo, dovuto alla dimensione strategica degli interventi; essi forniscono impulso ad un rinnovamento di tipo deterministico, che non per forza si conclude con effetti positivi. Risulta maggiormente adatta forse, per la scuola, una dimensione microecologica, nella quale le tecnologie partecipano a circoli virtuosi di pratiche educative. Le piccole innovazioni, quei moti di audacia digitale quotidiana, sedimentando nel tempo, danno gli apporti più incisivi e duraturi e creano l’apprendimento “significativo”.

  Il Programma Nazionale per la Cultura Digitale, infatti, propone per i giovani Digital evangelist non una palingenesi cosmica degna di un Noe redivivo, ma azioni minime e precise: “è altrettanto opportuna anche una disseminazione di ampia scala di ‘fondamenti di e-leadership’ sui giovani che potranno svolgere nuovi lavori, oggi ancora non classificati, in imprese e organizzazioni piccole, in settori su cui l’economia italiana può ‘entrare in partita’ con l’apporto di creatività digitale” [4]. Il vero nodo, prima ancora di quello del rinnovamento delle singole discipline, risulta essere la diffusione di una conoscenza e ancor di più di una coscienza d’uso del digitale.

Fig. 1 – Lavagna condivisa online.

   Nel mio caso personale, dopo le videolezioni di grammatica latina su Youtube autoprodotte, i tutorial su Moodle realizzati con Exelearning, la svolta è arrivata con la LIM in classe (agognata con frenesia!). L’attrezzo permette di utilizzare cd e siti con cartoni animati interattivi ed esercizi in latino. Cambia la didattica, ma non solo; cominciano a diventare evidenti alcune definizioni come “ambiente di apprendimento” oppure “ecologia” della conoscenza. Utilizzare la LIM con la stessa logica della lavagna di ardesia non è molto produttivo, poiché si opera una semplice sostituzione di supporti. L’uso dinamico della LIM comporta la deroga, almeno temporanea, della didattica “uno – molti”. Non si tratta di una rivoluzione pedagogica dettata da teorie innovative e strabilianti; è la pratica quotidiana ad esigerlo: gli studenti si alternano alla LIM con velocità, deducono, scrivono, sperimentano, mentre il docente sorveglia, guida, stimola. La cattedra è un intralcio, il banchi sono buoni a far inciampare; egli stesso, alla stregua dei supporti didattici, passa da “padrone” dell’azione educativa a risorsa vivente dell’apprendimento [5]. E’ un continuo saliscendi tra scaffolding costruttivisti e trattativa mercantile, alla ricerca di un equilibrio di teoria e prassi [6]. Un superamento della dicotomia cultura-digitale è possibile; finora l’informatica è stata relegata in laboratori ben chiusi a chiave, antri reconditi (non saprei dire se “muscosi”) dove l’informatica celebrava se stessa, in un circolo esoterico, ben lontano dall’aula, la lavagna con il gesso e i libri di testo; era quasi un’eccezione: “Se fate i bravi, poiché martedì sarà l’ultima lezione prima della vacanze di Natale, andremo in laboratorio”. E’ una constatazione: il digitale è ovunque, come un liquido amniotico che ci alimenta, anche se non lo vediamo. A questo punto, siamo evocati ad educare i nostri studenti per questo mondo. Non possiamo pretendere di recluderli in una scuola arcaica e sperare, una volta usciti, che essi trovino una continuità nella realtà circostante; osserviamoli: anche per i più bravi, molto spesso la scuola è un incidente di percorso; non la vivono, la utilizzano come un’erogazione di servizi. Apprendere un po’ di latino con lo smartphone potrebbe risolvere il problema? …e chi lo sa! E’ un esercizio che parla il loro stesso linguaggio, permette loro di apprendere un modo “alto” e potente di usare i telefoni e fa sì che comincino a riprendere possesso della scuola, inteso come edificio (almeno nel breve esperimento che vorrei presentarvi tra poco). L’aula non può essere il mausoleo della conoscenza e non ho scritto “mausoleo” a caso. Tutto è apprendimento e ovunque si apprende, anche con quei mini-pc che abbiamo in tasca.

  L’ambiente di apprendimento è un cerchio di ragazzi intorno alla LIM, liberi di muoversi, toccare, indicare. L’ambiente in classe cambia: l’esercizio si trasforma e diventa momento di dialogo, magari con un po’ di musica in sottofondo, mentre le gerarchie, nella geografia dell’apprendimento (di cui la cattedra è la capitale), si allentano; il docente diventa una sorta di consulente delle competenze. Egli guida nello svolgimento dell’esercizio, sprona fornendo indizi per la soluzione; in questo processo, le carenze emergono da sole, le difficoltà si palesano per quelle che sono, cioè “un pezzo” del percorso di apprendimento ancora da compiere. Di conseguenza, il voto non è più inteso come punizione, ma presa di coscienza di “lavoro ancora da fare”.

  Ritorniamo all’esordio, in stile volutamente “deamicisiano”; un giorno presso la classe I A Liceo delle Scienze Umane dell’Istituto di Istruzione Superiore “Europa Unita” di Chivasso (TO), trovo sulla cattedra una grande scatola di latta, lucente, bella nella sua freddezza metallica. Chiedo spiegazioni e mi viene mostrato, con un certo rammarico, che si trattava di una prigione; lì erano reclusi gli smartphone: una bolgia dolente e colorata di schermi, tasti, cover, una babele di marche leggibili a metà, tra i quali la sola brevità di “LG” restava salvaguardata per intero… chi diceva “less is more”?

  La scena mi ha colpito. Tante risorse, comode e potenti, sprecate, represse in una scatola: “Ma è possibile che non ci sia modo di rendere utili questi portenti della nanotecnologia?”. Forse il prefisso “nano” è inappropriato, ma trovo che conferisca un tono iperbolico alla domanda, volutamente retorica!

  Dopo alcune ricerche, avevo cominciato a sperimentare, in ambito domestico, le lavagne condivise; ho costretto la mia consorte, munita di smartphone in un’altra stanza, ad interagire con me (seduto di fronte ad un PC) su una lavagna condivisa. Dopo una verifica delle funzionalità, a salvaguardia della pace e della concordia matrimoniale, ho esportato la sperimentazione dall’ambito domestico a quello scolastico.

  E’ la storia di una conversione; gli smartphone-Don Rodrigo, dopo la reclusione nel lazzaretto di latta, sono arrivati alla redenzione; immodestamente, mi sono sentito un po’ Fra Cristoforo; da nemici della didattica, sanzionati per editto, hanno trasmutato la loro natura in validi supporti della conoscenza: apparecchiature minuscole ma potenti, interattive, rapide, flessibili [7]. Esse aumentano la partecipazione ed in più sono connaturate allo stile comunicativo dei ragazzi; riescono ad incuriosire i refrattari; insomma, la lingua latina parla attraverso i loro canali e (in qualche modo) parla la loro lingua ed evolve con loro [8]. Infatti, se fino a pochi decenni fa la Scuola o più in generale i punti di erogazione del servizio formativo (burocratese “stretto”, quasi esoterico) possedevano il monopolio della conoscenza, oggi l’apprendimento può essere raggiunto secondo molteplici strade. Cosa accade, allora, in classe? In classe è ancora possibile attuare un forte processo di consolidamento uomo-conoscenza; esso acquisterebbe più forza attraverso gli “esperimenti di identità”, come li definisce B. M. Vasisco [9]. Il contenuto, da elemento astratto, buono solo per “essere fissato in testa” e basta, perviene ad essere processo di evoluzione dello studente o meglio fattore di adesione e identificazione, anche solo per pochi minuti di “gioco” di caccia al tesoro.

  Qualcuno penserà che mi sono arreso alla barbarie digitale. No, mi sono arreso alla realtà! Non voglio più essere un novello Don Quijote. Ebbene ho preso un bagno di realismo: non possiamo fermare il processo storico (anche volendo, non si può), la disciplina riacquista “appeal”, i risultati sono incoraggianti. Mi sono arreso? Ebbene sì! Sono un insegnante di questi studenti e con essi mi devo confrontare, anche passando attraverso la loro “interfaccia”.

Inoltre insisto su due punti, a mio avviso, fondamentali: il primo evidenzia un’urgenza di far crescere la cittadinanza digitale nei nostri ragazzi; dopo aver illustrato i versi di Dante e Petrarca, in questa temperie socio-storico-culturale, è un’idea perversa fare anche un po’ di alfabetizzazione digitale? In seconda battuta, forse sembrerà poco originale, penso all’eredità morale e scientifica di Maria Montessori: la relazione discente-ambiente risulta fondamentale… ma solo ambiente fisico? Non potremmo prendere in considerazione (oggi, adesso!) anche l’ambiente digitale e virtuale? Ma siamo sicuri di aver completato almeno il possesso, in forma educativa, degli ambienti scolastici già nella forma fisica? Ragazzi chiusi in classe per un blocco di due ore, impettiti su sedie e banchi poco ergonomici, apprendono veramente tutto quello che entra nelle loro orecchie in quel momento… non ho detto “tutto quello che ascoltano”. Dopo un quarto d’ora, ascoltano ancora? E’ vietato apprendere in altro luogo, che non sia la classe? Ogni tanto, non si potrebbe far funzionare il cervello al di fuori di essa? L’aula e il libro di testo sono i soli combustibili della conoscenza? Troppe domande, risposte incerte.

  Da qui è nata l’idea, tra le altre cose, di svolgere una caccia “latina” al tesoro. In questo piccola attività si concentrano più strategie contemporaneamente: LIM, BYOD, Cooperative learning, didattica laboratoriale, spaced learning e magari anche un pizzico di problem solving e gamification. Niente male per una caccia al tesoro!

  Strumenti: una versione di latino, un questionario in latino, corredato di risposte (in latino) vere, false, balzane, una LIM, un po’ di wi-fi (per non far consumare le connessioni pagate dalle famiglie), un software (anche gratuito, online: www.the-qrcode-generator.com, nel nostro caso) per la creazione di codici QR e naturalmente gli smartphone corredati di programma free per leggere i QR, meglio se dotati di schermo da almeno 5″.

  Svolgimento: il docente seleziona la versione, nel nostro caso sul cattivissimo Catilina e produce un questionario in latino, relativo alla versione. Le domande saranno inserite al fondo della versione. Le risposte, quelle vere, false, balzane saranno convertite in codici QR e stampate su fogli di carta A4 (uno per ogni risposta); i fogli, in seguito, saranno affissi in vari luoghi della scuola.

Fig. 2 – Codice QR e scansione.
Fig. 3 – Effetto della scansione.

  In classe, con l’ausilio di LIM e smartphone si tradurranno e si comprenderanno il brano e il questionario, attraverso una lavagna interattiva collocata sulla LIM; dalla LIM ci si connette e si attiva uno dei molti servizi free online; è stata utilizzata, in questa attività, www.notebookcast.com.

  Terminata questa attività, gli studenti saranno divisi in manipoli, all’interno dei quali ci saranno diversi ruoli da ricoprire; infatti, il manipolo è composto dal venator, il cacciatore, colui che guida il gruppo e scova il codice QR; l’haruspex,  che analizza e trae il responso dal QR, attraverso lo smartphone; il nuntius, comunica, sulla lavagna condivisa, la risposta trovata; infine gli auxilia, ausiliari di supporto.

  Le squadre si avventurano per la scuola, in cerca del tesoro da scoprire; quando pensano di aver individuato una risposta corretta, la comunicano sulla lavagna condivisa. Il docente, in classe o meglio discretamente al seguito dei ragazzi con un tablet o smartphone anch’egli, controlla il flusso delle risposte o interagisce attraverso la chat della lavagna condivisa.

Fig. 4 – Testo latino condiviso online su LIM.

Alla fine, non resta che rientrare in classe e proclamare la squadra vincitrice… e non stupitevi se qualcuno, dopo tutto questo, vi chiederà: “Scusi Prof, ma Catilina era un maschio o una femmina?”.     

Fig. 5 – Interazione, attraverso smartphone,  su testo latino condiviso online.
Fig. 6 -Effetto, su LIM, dell’interazione attraverso smartphone.

Bibliografia

[1] La scuola di D. Lucchetti, Italia 1995 (104 min.)
[2] Valenti R., informatica per la didattica del latino. Lettere al futuro, Loffredo, Napoli 2000.
[3] Calvani A., Tecnologia, scuola, processi cognitivi. Per una ecologia dell’apprendere, Milano 2007
[4] http://egov.formez.it/sites/all/files/programma_nazionale_cultura_formazione_competenze_digitali_-_linee_guida.pdf
[5] Varisco B. M., Costruttivismo socio-culturale. Genesi filosofiche, sviluppi psico-pedagogici, applicazioni didattiche, Roma 2002.
[6] Calvani A., Costruttivismo, progettazione didattica e tecnologie, in D. Bramanti (a cura di) Progettazione formativa e valutazione, Carocci, Roma 1998.
[7] http://www.educationduepuntozero.it/community/cellulari-l-apprendimento-4065651112.shtml
[8] http://www.giovaniemedia.ch/it/opportunita-e-rischi/i-media-digitali/il-linguaggio-dei-giovani.html
[9] Varisco, op. cit.